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Roma, 29/11/2009

Cineteca Nazionale: Paolo Gioli. Un cinema dell'impronta

ore 17:00: Cinema Trevi, Vicolo del Puttarello 25 (Fontana di Trevi)

 

Il Centro Sperimentale di Cinematografia - Cineteca Nazionale presenta al Cinema Trevi il libro+dvd di Paolo Gioli "Un cinema dell'impronta".

Partecipano: Adriano Aprà, Bruno Di Marino, Giacomo Daniele Fragapane, enrico ghezzi, Italo Moscati.

Inizio proiezioni: ore 17:00
Presentazione Un cinema dell'impronta: ore 19:00
Ingresso libero


256 pagine con un ricco apparato iconografico sottolineano l'inestricabile legame tra pittura, fotografia e cinema con i contributi di studiosi quali David Bordwell, Jean-Michel Bouhours, Bruno Di Marino, Giacomo Daniele Fragapane, Dominique Païni, Keith Sanborn e Elena Volpato. Nel Dvd sei film attraversano trasversalmente la sua produzione: Tracce di tracce, Figure instabili nella vegetazione, Finestra davanti a un albero, Farfallio e il capolavoro found footage Anonimatografo. Extra: Anonimografie, galleria fotografica a cura dell'autore, e la video intervista a Giacomo Daniele Fragapane.

Il libro include il Dvd Kiwido "6 film di Paolo Gioli" contenente i lavori inediti dell'artista veneto.

Co-edizione tra Centro Sperimentale di Cinematografia e Kiwido - Federico Carra Editore a cura di Sergio Toffetti e Annamaria Licciardello della Cineteca Nazionale.


> scheda libro+dvd

> scheda paolo gioli


CINETECA NAZIONALE
Paolo Gioli. Un cinema dell’impronta

L’artista veneto Paolo Gioli è conosciuto più come fotografo che come cineasta, ma sono ormai quarant’anni che, instancabilmente e con grande coerenza, porta avanti una ricerca in campo cinematografico che non ha pari nel panorama italiano. Gioli interroga la stessa possibilità di formazione dell’immagine cinematografica, a partire dagli strumenti tecnici e dai materiali (la pellicola, la mdp, gli obiettivi, l’otturatore) che ne costituiscono la base. Come un moderno alchimista nel suo laboratorio manomette le macchine, le riduce al proprio grado zero o le ibrida al fine di definire – e contemporaneamente ri-definire – la natura materica dell’immagine e quella illusoria del suo movimento. Risale la corrente della storia del cinema (e della fotografia), ne ripercorre i sentieri meno battuti o dimenticati, non in una dimensione nostalgica, ma, al contrario, per rimettere in circolo potenzialità inascoltate ma altrettanto ricche. Nel contempo, la storia delle immagini si intreccia in una dimensione critica con quella con la S maiuscola, moltiplicando i livelli di senso e di lettura. I film che proponiamo sono solo parte della lunga filmografia di Gioli, che conta più di trenta titoli, ma sono esemplificativi del lavoro del cineasta, poiché uniscono al carattere analitico e concettuale della sua ricerca rigorosa una carica sensuale e ipnotica di grande effetto. Cominciamo con il suo primo film del 1969 Commutazioni con mutazioni, e attraversando i quattro decenni successivi, presentiamo alcune delle sue opere più conosciute ed apprezzate a livello internazionale, fino a giungere agli ultimi lavori, realizzati nel 2009 in occasione della retrospettiva a lui dedicata dalla 45° Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro.
Giornata a ingresso gratuito

ore 17.00
Commutazioni con mutazione (1969)
Regia, fotografia e montaggio: Paolo Gioli; produzione: Vampa production; durata: 6’
«Composto da formati di tre nature diverse e fatti coesistere: Super8, 16mm e 35mm in un unico supporto originario 16mm, bianco. Le misure diverse hanno fatto sì che le loro interlinee primitive venissero a contatto e regolate (e con loro le immagini) da un unico ritmo diabolico. I formati suddetti sono stati alternativamente incollati con nastro adesivo trasparente, frammento su frammento» (Gioli).

a seguire
Tracce di tracce (1969)
Regia, fotografia e montaggio: Paolo Gioli; produzione: Vampa production; durata: 7’
«Eseguito e stampato a due mani, vale a dire: fatto uso di tutte le impronte possibili della mano e del braccio destro su inchiostro di pennarello fresco, carta vetrata, timbri, ecc. Il tutto su pellicola bianca non emulsionata» (Gioli).

a seguire
Immagini disturbate da un intenso parassita (1970)
Regia, fotografia e montaggio: Paolo Gioli; produzione: Vampa production; durata: 38’
«Di gran lunga il più complesso e faticoso lavoro da me attuato sulle immagini-video. Diviso da titoli-poema e da allocuzioni visual-strutturali ha per protagonisti detti geometrici forniti dal quadrato in prima persona e da altri corpi plastici provenienti dal quadrato medesimo. Il cascame d’immagine viene a formarsi all’interno e ai bordi dei corpi suddetti, formato e trasformato da successivi interventi diretti anche sullo schermo vetroso del video usato come tavola luminosa, dove vengono a formarsi più strati di immagini» (Gioli).

a seguire
Secondo il mio occhio di vetro (1972)
Regia, fotografia e montaggio: Paolo Gioli; produzione: Vampa production; durata: 10’
«La natura semi-scientifica che un po’ si ritrova è data per via del meccanismo visivo stereo-stroboscopico a cui fa ricorso. Puntiglioso caricamento paradossale di alcuni profili vorticosi tra negativo e positivo su cui fa perno un sonoro di percussioni super-sincronizzato, dando vita ad un groviglio solubile solo alla percezione più attenta di un test psicovisivo» (Gioli).

a seguire
Del tuffarsi e dell’annegarsi (1972)
Regia, fotografia e montaggio: Paolo Gioli; produzione: Vampa production; durata: 10’
«Il film narra dell’opinione che l’autore ha avuto per un certo tempo dell’acqua e di un suo tuffatore. Tutto è partito da un tuffo e da un gorgo che non c’era; due modelli plastici su cui lo sguardo viziato dell’autore ha posto un’inversione filmica dell’acqua e il suo corso, del tuffatore e i gorghi inventati. Questa dilatazione non prevista della natura spontanea viene però prevista nella natura poco spontanea del tuffatore che, dopo ripetuti slanci, trova finalmente quello un po’ fatale e un po’ desiderato» (Gioli).

a seguire
Immagini reali, immagini virtuali (1972)
Regia, fotografia e montaggio: Paolo Gioli; produzione: Vampa production; durata: 10’
«Film che ha scelto come master il proprio negativo e con sé totalmente finisce. Più precisamente quasi-positivo o non del tutto negativo, trattiene due personaggi in continua solitudine affliggendoli di visioni e apparizioni dell’età dell’uomo con l’età del cinema» (Gioli).

ore 19.00
Incontro con Adriano Aprà, Bruno Di Marino, Giacomo Daniele Fragapane, enrico ghezzi, Italo Moscati
Nel corso dell’incontro sarà presentato il volume a cura di Sergio Toffetti e Annamaria Licciardello, con dvd allegato: Paolo Gioli. Un cinema dell’impronta (Centro Sperimentale di Cinematografia, Kiwido-Federico Carra editore, 2009).

a seguire
Anonimatografo (1972)
Regia, fotografia e montaggio: Paolo Gioli; produzione: Vampa production; durata: 27’
«Questo film è stato girato a passo-uno e realizzato con durissimi avvicinamenti ottici. Anonimatografo: immagine rianimata di uno sconosciuto amateur d’inizio secolo imborghesito al focolare degli amici, con cinecamera in mano, interni ed esterni circondati dalla guerra e dalle sorelle. Ho tentato di ricostruire uno strampalato film-diario, a cui ho strappato faticosamente paginette di fotogrammi. Se ne stavano impressionati e abbandonati in negativo su una certa quantità di rullini fotografici, giuntati alla rinfusa in due rulli da sessanta metri in 35mm e acquistati da me a £ 500 da uno straccivendolo» (Gioli).

a seguire
Traumatografo (1973)
Regia, fotografia e montaggio: Paolo Gioli; produzione: Vampa production; durata: 26’
«È un film come primo motivo di conforto per quelli che temono di morire sopra forche o palchi. Diviso in tre parti: nella prima il massacro visto mediante l’automobile, la terza sullo scontro bellico, al centro bambini che pantomimano movimenti sincopati dall’alto in basso. L’imagerie clandestino e crepuscolare di uno sconsiderato personaggio in un moto d’orrore per le triplicate cadute o espulsioni da un’auto-trauma-mobile. L’alternanza della manomissione o non manomissione del suo moto originario, ci concede come motivo di conforto la visione bicorporea di sé, lungo il perimetro delle cadute da un residuo filmato di un particolarissimo e fatale slancio» (Gioli).

a seguire
L’operatore perforato (1979)
Regia, fotografia e montaggio: Paolo Gioli; produzione: Vampa production; durata: 9’
«Film desunto da uno spezzone di un vecchio e anonimo film Pathé avente la ben nota perforazione centrale, a cui sono stati aggiunti brevi frammenti estranei. Al centro della perforazione un operatore sconosciuto tenta in qualche modo di filmare parte di una storia (di sé, di chi?) apparentemente riuscendoci. Implacabile, la perforazione centrale scassa e disturba l’immagine dell’operatore, diventando essa stessa protagonista centrale, sino a diventare quasi uno schermo anzi, schermo» (Gioli).

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Filmstenopeico (l’uomo senza macchina da presa) (1973-1989)
Regia, fotografia e montaggio: Paolo Gioli; produzione: Vampa production; durata: 13’
«Questo film, come dice il titolo vertoviano, è stato eseguito senza macchina da presa, più precisamente con un utensile autoprogettato per restituire immagini liberarate dall’ottica e dalla meccanica. Il sostituirsi alla cinepresa tradizionale fa parte di un mio ormai prolungato gesto verso la spoliazione di una tecnologia di consumo, tossico della creatività pura. Questa strana cinecamera è una semplice asta cava di metallo, spessore cm 1, larga cm 2 e alta poco più di un metro. Alle estremità, due bobine raccolgono il film in 16mm. Il suo trascinamento avviene manualmente con tempi e spazi intermedi. Questi piccolissimi fori messi di fronte, per esempio, ad una figura in piedi, la vanno ad esplorare nella sua verticalità senza però alcun movimento, proprio perché ogni foro riprenderà il punto, il dettaglio in cui si verrà a trovare» (Gioli).

ore 21.30
Quando l’occhio trema (1989)
Regia, fotografia e montaggio: Paolo Gioli; produzione: Vampa production; durata: 11’
«Tutto è partito dal famigerato occhio tagliato buñueliano che ci sorprende ogni volta. Occhio di un bue, ma è l’occhio di una donna! Il turbamento dell’incisione è trasformato da me in turbamento saccadico, incontrollato dell’occhio, appunto e della sua pupilla. Sottoposto ai ritmi stroboscopici del passo-uno come in un’arcaica pre-animazione lo sguardo ne è sconvolto andando a cercare un po’ di drammaticità qua e là per il volto in rapide filastrocche cinetiche dei tondi e dello sclera. L’occhio degenere di Buñuel del bue inciso è il mio occhio di bue tremante» (Gioli).

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Metamorfòso (1991)
Regia, fotografia e montaggio: Paolo Gioli; produzione: Vampa production; durata: 12’
«Si sa che la disposizione delle immagini disegnate da Escher non è per animazioni né per pre-animazioni; anzi, tutto il loro contrario. Le sue, paiono azioni di dissolvenze metamorfiche. Un volatile sprofonda nella raffigurazione di una casa che muta in pesce, che torna volatile, ecc. Non c’è un solo batter d’ali; tutto è ripetuto e fisso, immergendosi e riemergendo in un continuum statico. Escher è tutta una lode ad una delle maggiori anime del cinema, la dissolvenza incrociata. Gli atti cinetici li ho trovati proprio lì, nella casa che muta in pesce e tutto che muta. Ho dovuto ideare passo passo specie di sequenze inesistenti e alla fine mi sono trovato a dissolvermi, ad incrociare me metamorfòso» (Gioli).

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Filmarilyn (1992)
Regia, fotografia e montaggio: Paolo Gioli; produzione: Vampa production; durata: 11’
«Questo breve film, mi sembra, alla fine, come se lo avessi ritrovato da qualche parte completamente dimenticato, come fosse stato un provino pre-cinematografico non riuscito. Tutte animazioni costruite da fotografie di un unico grosso libro. Al termine lei muore e nella simulazione viene trovata così come se fosse in una simulazione; come fossi stato io con la mia cinepresa ad entrare per primo nella sua stanza di morte» (Gioli).

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Farfallìo (1993)
Regia, fotografia e montaggio: Paolo Gioli; produzione: Vampa production; durata: 7’
«Lo sfarfallìo cinetico, il flicker, viene immesso nello sfarfallìo di farfalle riprese da piccoli libri. Il mio intento è stato, come altre volte, quello di tentare di animare ciò che sta inesorabilmente nel chiuso, nella fissità dell’inchiostro di stampa di un libro. In questa prova ho affiancato il ritmo di fotogrammi erotici nel compulsare di farfalle e eros. I cinque minuti bellissimi di ali di falene su pellicola del grande Stan Brakhage: io non avrei mai staccato ali alle farfalle, anche se… notturne» (Gioli).

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Rothkofilm (2008)
Regia, fotografia e montaggio: Paolo Gioli; produzione: Vampa production; durata: 7’
«Non è un breve documentario su Rothko, ma una mia riflessione sulle sue tele che tanto assomigliano a schermi, a fotogrammi, a interlinee. Film ricavato da due libri. Un film muto che vorrebbe essere sonoro. I ritmi, le (com)pulsazioni dei fotogrammi mi fanno pensare ad un sonoro che non conosco» (Gioli).

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Children (2008)
Regia, fotografia e montaggio: Paolo Gioli; produzione: Vampa production; durata: 6’
«Mi ha sempre interessato la sequenza di immagini nei libri, là dove c’è la possibilità di imprimere il movimento alle immagini fisse. Anche questo breve film parte da un libro che si anima ma chiude con immagini inanimate. Riflessione su una bambina del presidente degli Stati Uniti assassinato e l’altra bambina nuda, morta, sul mucchio di contadini uccisi in una strada di campagna. Da una parte, vita borghese nella grande villa con il grande fotografo, morte nella polvere dall’altra, ripresa da un fotografo di guerra» (Gioli).

a seguire
I volti dell’anonimo (2009)
Regia, fotografia e montaggio: Paolo Gioli; produzione: Vampa production; durata: 10’
«Volti e figure trovati su rullini di autore sconosciuto dei primi anni del Novecento. Ho trascinato le immagini attraverso quella che probabilmente era la sua cinepresa che avevo comprato in un vecchio negozio di Roma nel ’72. I fotogrammi [vi] si trovavano verticali e orizzontali, singoli e in brevi sequenze e così le ho lasciate sovraimprimendo [con più riprese]  e con dissolvenze naturali date dall’otturatore della vecchia cinecamera, con velocità [di ripresa] manuali, rallentamenti e arresti improvvisi. Insomma, una cinepresa che riprendeva una cinepresa e le sue viscere attraverso la sua finestrella, l’animazione di uno sconosciuto autore-sperimentatore» (Gioli).